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La valutazione del dirigente pubblico: alcune riflessioni

Creato il:  11 Maggio 2011

 


 

 

 

 


 

 

di F.P. Arcuri, M. De Candia, F. Giorgilli (1) 
 

1. Premessa: lo statuto epistemologico

Il tema della valutazione dei dipendenti pubblici, e dei dirigenti in particolare, ritorna ciclicamente d’attualità ogniqualvolta si avverta forte la necessità di ridurre i costi dell’amministrazione pubblica sostituendo la cultura della conformità con la cultura del risultato, col fine di portare le amministrazioni ad uscire dal loro “beato isolamento” (cd. autoreferenzialità) e a confrontarsi con le esigenze degli utenti e con il mercato. Al centro di questo modello di sviluppo vengono posti obiettivi, standard e sistema di valutazione, dei risultati, della qualità del servizio erogato, della soddisfazione degli utenti. L’obiettivo dichiarato della “nuova” politica gestionale è quello di migliorare la produttività con le risorse esistenti in modo da ottimizzare i risultati, ma tutti i tentativi compiuti in questa direzione negli ultimi venti anni hanno prodotto risultati assai modesti. In effetti sono stati introdotti vari elementi di discontinuità verso il passato (la carta dei servizi, l’ufficio per le relazioni con il pubblico, l’introduzione del controllo interno, l’e-procurement, l’e-government, ecc.) (2)  ma senza riuscire ad operare delle trasformazioni sostanziali nel modo di essere e di operare della burocrazia. A questo punto occorre chiedersi se il processo di cambiamento dell’amministrazione pubblica sia di per sé impossibile o se, piuttosto, non sia possibile individuare degli errori comuni nei diversi tentativi operati. Un dato che appare preoccupante, da questo punto di vista, è la quasi completa assenza di riflessioni critiche sui fallimenti passati. In sostanza, anche la più recente azione riformatrice è stata concepita in termini di introduzione di nuove leggi e regolamenti senza prima analizzare a fondo le ragioni degli insuccessi finiti nel “circolo vizioso della burocrazia" (3).
Affrontare oggi con attenzione e senso dell’organizzazione il tema della valutazione del dirigente pubblico implica necessariamente farsi carico di alcuni criteri analitici imprescindibili. Per statuto epistemologico vogliamo intendere una riflessione sui criteri di validità/controllo e sull’oggetto, in riferimento al tema del presente lavoro, prima di proporre un percorso più dettagliato.

Bisogna così subito ricordare le peculiarità dell’organizzazione pubblica rispetto a quella privata.
- E’ una “specie” dell’universo delle organizzazioni complesse.
- Agisce all’interno di un’”arena pubblica”, dove si collocano, con diverse sfumature, tutte quelle organizzazioni che svolgono un ruolo importante per la vita della società e/o delle singole comunità territoriali (4). Un vero e proprio “campo organizzativo”, dove i diversi attori competono ma, soprattutto, devono cooperare.
- Gli obiettivi, almeno di quelle, tra le organizzazioni pubbliche, che rappresentano le istituzioni capo-filiera (Ministeri, Enti, ecc.), sono eterodeterminati (5), dalla politica e da un “centro” decisionale, inevitabilmente (senza sua colpa) lontano dalle peculiarità del territorio di azione operativa. Si sviluppa così una perenne oscillazione tra faticoso aggiornamento delle strategie di policy al modificarsi del contesto di bisogni; e, di contro, fenomeni di diversità spiccate nelle prassi operative, registrabili nei diversi territori (6).
- Il fine ultimo è scolpito nella pietra dell’equità sociale e dello sviluppo del benessere delle comunità. Tutto nel rispetto della legge (legittimità) e nella necessità di garantire la più ampia partecipazione dei cittadini ai diversi livelli decisionali. Un assetto che richiede controlli e trasparenza e che non sempre risulta pacificamente coerente con il principio di economicità (costi-ricavi) e, più in generale, equilibrio economico. In gioco non c’è il mero profitto (guadagno, incasso, ecc), ma la praticabilità di diritti e doveri.
- Le risorse economiche sono strettamente dipendenti dalle politiche pubbliche di redistribuzione della ricchezza e dalla fiscalità, senza possibilità pregnanti di iniziativa autonoma.

Le dimensioni rilevanti per la nostra riflessione sono quella sistemica e quella relativa alla complessità.

1.1. La dimensione sistemica
Lavorare ad un metodologia di valutazione, ed in particolare ad una riferita al ruolo del dirigente, deve indurre a partire dalla consapevolezza che l’organizzazione è un sistema di politiche e meccanismi operativi strettamente correlati.
La qualità dei servizi nel settore pubblico, così fortemente connessa alla valorizzazione concreta dello status di cittadinanza (diritti, partecipazione, soddisfazione dei bisogni, ecc) non può oggi, ancor più di prima, prescindere dalla qualità del dato culturale (valori, comportamenti condivisi, ecc.), utile a rendere sempre più interdipendenti la crescita civica (qualità della democrazia) con le modalità di erogazione dei servizi.
Ci si accorge così dell’emersione inevitabile, per lo sviluppo delle risorse umane, di profili quali quelli della motivazione, dei meccanismi di giudizio/attribuzione, dei percorsi di apprendimento organizzativo.
Tutto questo va poi collocato nel più ampio sistema territoriale e sociale dove agisce la singola struttura organizzativa. Per percepire l’importanza di tale profilo sistemico (in ogni caso, già patrimonio del management nella quotidianità operativa), possiamo utilizzare alcuni contributi tratti dalla Psicologia di Comunità, come quello di “comunità territoriale”, definita come: un insieme di persone che si è dato delle regole (legali o meno) e dei ruoli, innestando tali elementi su un intreccio di legami affettivi, psicologici, di appartenenza (e talvolta di conflitto), di atteggiamenti nei confronti della realtà. In generale ha un’influenza particolare l’“orientamento a valori” specifici. Nella comunità territoriale, quindi, diversamente dall’immagine più ampia che presenta la “società”, si dispongono, in un mutuo scambio di influenze, individui e gruppi (formali ed informali), ambiente naturale ed artificiale, bisogni, attività e risorse.
E’ certamente diverso trovarsi, come azione di management, di fronte a due territori con i due profili seguenti:

                                Profilo A                                                      Profilo B

 1. Criterio di analisi: bisogno                                 1. Criterio di analisi: risorse/competenze
 2. Criterio di intervento: riparazione/prevenzione  2. Criterio di intervento: sviluppo
 3. Attività: di servizio                                             3. Attività: di sviluppo (reti,cittadinanza attiva)
 4. Comunità come mercato di consumatori              4. Comunità come policy community
     e utenti                                                                     (attore partecipante)

 

 1. Orientamento al bisogno/problema                      1. Orientamento alla risorsa/capacità/
                                                                                       competenza
 2. La persona riceve/consuma                                  2. La persona agisce/partecipa/elabora/
                                                                                      produce/cambia
 3. Popolazione come utenza                                      3. Popolazione come cittadini attivi
 4. Il centro è il servizio                                             4. Il centro è la comunità
 5. Potere come capacità di consumo                         5. Potere come capacità di produzione
 6. Dipendenza/passività                                            6. Autonomia/autodeterminazione
 7. Non responsabilità                                                 7. Responsabilità
 8. Identità eterodefinita                                              8. Identità autodefinita

 

1.2. La dimensione della complessità (7)
Le caratteristiche dell’organizzazione complessa si incastrano con le peculiarità dell’organizzazione pubblica prima evidenziate, esplicitandone così le seguenti conseguenze gestionali (8):
- sistema complesso in ambiente complesso;
- attenzione all’interdipendenza delle variabili;
- risorse Umane centrali e “partecipanti”;
- organizzazione come “sistema a molte menti” (modello sociale);
- centralità dei processi e delle dinamiche;
- centralità dell’auto-organizzazione (partecipazione di diversi attori), della leadership motivante e dell’imprevedibilità del feedback (negoziazione, apprendimento costante try and learn);
- principio ologrammatico: il contesto territoriale contiene l’organizzazione e questa ha in se tutte le caratteristiche del contesto.

In generale, anche l’azione manageriale pubblica deve affrontare diverse fonti di complessità (9):
-la varietà, come grado di differenziazione, in contemporaneità, dei fenomeni rilevanti organizzativamente, le relative interdipendenze (molteplicità di cause ed effetti) ed interconnessioni tra gli elementi del fenomeno e tra questo ed altri fenomeni;
- la variabilità, come emergenza, con il trascorrere del tempo, di elementi innovativi capaci di modificare e/o introdurre attributi del fenomeno sul piano qualitativo e quantitativo;
- l’indeterminatezza, come deficitaria capacità di comprensione del fenomeno, ossia mancanza di uno schema interpretativo e rappresentativo delle interazioni rilevanti per l’organizzazione.

In generale, la varianza (numero dei casi possibili che si presentano distinti per aspetti significativi (diversità pertinenti) ha una dimensione sincronica (varietà) ed una diacronica (variabilità).
In tale azione di coping gestionale, il management pubblico è chiamato oggi ad esprimere capacità di “exploration”: porre i problemi sul piano corretto (problem setting) e trovarvi delle soluzioni (problem solving). Spesso, si richiede la capacità di convivere con la domanda (ansietà) senza dover giungere subito ad una conclusione.
In questo contesto, come è evidente, è inevitabilmente inservibile (se non nel breve termine ed in situazioni o sottosistemi con routine organizzative e  poche variabili) la concezione classica dell’organizzazione: sistema semplice in ambiente semplice; fiducia “religiosa” nella tecnologia e nella razionalità (pensiero lineare ed analitico); risorse umane facilmente sostituibili; organizzazione come “meccanismo”/“ingranaggio”; prescrizione normativa (regole) di dettaglio; centralità del controllo (gerarchico) e sicurezza della previsione; applicazione secca della legge causa/effetto, sostenuta dalle tre azioni del controllare, ordinare, prevedere. Appare nella quotidianità dell’azione gestionale che quando aumenta la complessità, un’organizzazione può rispondere in due modi: in modo tradizionale, riducendo la complessità (complexity reduction); in modo innovativo, assorbendo la complessità  (complexity absorption).

2. Competenze manageriali e indicatori comportamentali
Nella situazione di complessità in cui si trova ad operare, diventa centrale per il manager pubblico il rapporto tra complessità e resilienza (10). Più che tendere a ridurre la complessità (ricerca della stabilità) la sua azione deve far proprio il cambiamento complesso, trovando soluzioni per la convivenza con le fluttuazioni. E’ centrale quindi l’attenzione culturale al change management ed alla resistenza al cambiamento. Le competenze manageriali utili in tale contesto sono (11):
1. Orientamento all’efficienza. L’abilità consiste nella capacità di incrementare l’efficienza dell’azione massimizzando l’output per unità di input. Il miglioramento è valutabile con la precedente performance personale, con le performance degli altri o con uno standard di eccellenza.
2. Pianificare. L’abilità consiste nell’identificare il futuro e nell’organizzare le azioni da intraprendere per raggiungere un determinato risultato. Si ha quando il dirigente fissa obiettivi misurabili, individua le azioni necessarie per raggiungerli, organizza le risorse, calcola i rischi e gli ostacoli che si possono presentare durante lo svolgimento delle attività e definisce le azioni necessarie per superarli.
3. Iniziativa. L’abilità consiste nella capacità di intraprendere un’azione prima che questa sia richiesta o provocata dagli avvenimenti. Si ha quando il dirigente sa cogliere le opportunità senza lasciarsi influenzare dagli eventi.
4. Attenzione ai dettagli. L’abilità consiste nel saper ridurre i margini di incertezza attraverso un’accurata verifica dei dati e analisi dei particolari e dei “segnali deboli”.
5. Autocontrollo. L’abilità consiste nel saper inibire i bisogni personali ed i propri desideri a beneficio dei bisogni organizzativi e del gruppo e nel saper gestire situazioni stressanti e conflittuali.
6. Flessibilità. L’abilità consiste nel sapersi adattare a circostanze mutevoli e a modificare il proprio stile di comportamento in funzione delle diverse situazioni. Questa capacità è associata alla tolleranza per l’ambiguità e l’incertezza.
7. Empatia. L’abilità consiste nel comprendere sentimenti, comportamenti e ragioni degli altri.
8. Persuasività. L’abilità consiste nel saper convincere gli altri (collaboratori, colleghi, ecc.) dei vantaggi nell’adottare un comportamento, motivandoli.
9. Costruzione di reti di relazioni. L’abilità consiste nel costruire relazioni formali e informali e alleanze forti sia nell’ambiente di lavoro che all’esterno con persone o gruppi di persone che potrebbero essere utili per il raggiungimento degli obiettivi.
10.  Negoziazione. L’abilità consiste nel guidare gli individui e/o i gruppi verso la risoluzione delle situazioni conflittuali, facilitando il processo e trasformando il conflitto in un momento di crescita del gruppo.
11.  Fiducia in se stessi. La categoria indica forte senso di affermazione e di identità.
12.  Gestione dei gruppi. L’abilità consiste nello stimolare i membri di un gruppo a lavorare insieme efficacemente, creando per questo scopo simboli di identità, condivisione degli scopi, coinvolgimento, responsabilizzazione e cooperazione.
13.  Sviluppo degli altri. L’abilità consiste nel favorire e rendere possibile lo sviluppo delle competenze e della performance dei collaboratori, anche attraverso un’azione di coaching.
14.  Pensiero sistemico. L’abilità consiste nel saper mettere in relazione tra loro molteplici eventi causali (es. molteplici relazioni causa-effetto) e nel saper definire strategie di azione che riflettono un concetto di causalità multipla.
15.  Riconoscimento di schemi ricorrenti. L’abilità consiste nella capacità di aggregare informazioni non organizzate in un modello concettuale capace di spiegare, anche in modo metaforico o analogico, situazioni ed eventi concreti.
16. Obiettività percettiva. L’abilità consiste nel saper percepire, senza pregiudizi, pensieri, credenze, sentimenti, emozioni, degli altri, anche quando sono culturalmente molto distanti da chi osserva, avendo la capacità valorizzare le prospettive multiple e i diversi punti di vista.

3. Valutazione manageriale come risorsa

3.1. Criteri di governance
Di seguito si propongono alcuni possibili criteri di orientamento generale per una valutazione efficace.
1. Situazionalità (12). La plausibilità (da intendere sia come efficacia che come legittimazione) della valutazione è tale solo se essa viene contestualizzata. L’efficacia di un dirigente va letta all’interno del suo contesto operativo. In particolare, va ricordato che non ci sono dirigenti efficaci, ma combinazioni efficaci, vista la rilevanza  del meccanismo di interdipendenza tra dirigente e profili della propria struttura organizzativa, in un dato tempo (T) organizzativo. Le strutture operative vengono gestite attraverso una ben precisa “filiera di eredità gestionali”, costruita dall’operato e dallo stile di diversi dirigenti.
2. Impatto diffuso (13). Ricadute dell’azione dirigenziale al di là della propria struttura organizzativa: sul resto dell’organizzazione; sul contesto socio-territoriale; ecc.
3. Comprensione. Valutazione come processo di ricerca che, oltre alla misura, permetta di aumentare il livello di comprensione della situazione prestazionale (14), utilizzando molteplici punti di vista e permettendo l’apprendimento organizzativo (dimensione motivazionale).
4. Negoziabilità. Valutazione come processo partecipato ed interattivo.

3.2.  Valutazione e comportamento organizzativo
La valutazione, come risorsa, va collocata, seguendo il criterio della situazionalità,  all’interno di un sistema di variabili organizzative.
In tal modo, a partire dalle variabili socio-tecniche (15), sogna compiere un primo passo, collegandole alle conseguenze che esse implicano in termini di valorizzazione della dimensione valutativa.
1) Implicazione valutativa delle variabili “Struttura“ e “Ruoli“.
Variabili che esprimono un condizionamento esogeno sul comportamento del dirigente, il quale deve sottomettere al piano valutativo le seguenti capacità:
• capacità di valorizzare specifiche posizioni organizzative (sviluppo, ridisegno,ecc.);
• capacità di interrelare ruoli in ottica sistemica;
• capacità di proporre nuovi disegni organizzativi (organigrammi, funzioni grammi, ecc.)

2) Implicazione valutativa della variabile”Meccanismi operativi”.
Variabile che esprime un condizionamento in parte esogeno (consuetudini organizzative e storicità delle soluzioni) sul comportamento del dirigente. Queste le capacità implicate:
• capacità problem solving e problem setting;
• capacità di prefigurare processi decisionali;
• capacità di valorizzare il monitoraggio ed il controllo in ottica di apprendimento organizzativo.

3) Implicazione valutativa della variabili ”Clima” e ”Cultura
Variabili che esprimono un condizionamento, in parte esogeno, sul comportamento del dirigente. Coinvolgono, in termini valutativi, le seguenti capacità, alcune prossime al Clima ed altre alla Cultura:
• capacità di testimoniare (modello comportamentale) e veicolare valori professionali e/o lavorativi (dare senso) [clima];
• capacità di valorizzare i linguaggi ed i simboli aziendali [clima];
• capacità di percepire e valorizzare le regole informali (assunti taciti) [clima];
• consapevolezza delle variabili di clima organizzativo e delle loro interrelazioni [cultura];
• capacità di facilitare cooperazione [cultura];
• capacità di offrire “arene comunicazionali” a basso profilo ansiogeno [cultura];
• capacità di sviluppo di leadership circolante, valorizzando i contributi individuali e cercando costantemente un equilibrio tra attenzione ai compiti ed attenzione alle relazioni [cultura].

4) Implicazione valutativa della variabile ”Persone
Il dirigente è osservabile in un comportamento che implica le seguenti capacità:
• capacità di valorizzare conoscenze tacite ed expertice;
• capacità di facilitare sviluppi di carriera e/o professionali dei propri collaboratori;
• grado di counselling offerto;
• capacità di sviluppare processi di delega e di autonomia prestazionale.

5) Implicazione valutativa delle variabili ”Tecnologiche
Espongono il dirigente in termini di:
• capacità di comprendere e valorizzare il contributo delle tecnologie di lavoro;
• capacità di intuire le potenzialità delle tecnologie in riferimento alla qualità ed all’efficacia della prestazione organizzativa.

6) Implicazione valutativa delle variabili ”Strategie ed obiettivi
I profili valutativi coinvolti richiedono al management di intervenire con diverse qualità professionali e comportamentali, visto che sono variabili costruite principalmente in logica di cliente interno.
Si deve garantire una formulazione chiara, completa (avere tutte le informazioni e le procedure necessarie), sfidante ma realistica e condivisa / accettata (possibilità di scelta sulle modalità). Gli indicatori (sia di breve termine – output – che di lungo termine – out come - ) ed i target devono essere coerenti e comprensibili. Bisogna saper costruire un efficiente processo di monitoraggio tempestivo ed efficace (produzione di soluzioni), funzionale ad azioni di coaching.

7) Implicazione valutativa della variabile”Sistema premiante
Il dirigente deve avere a disposizione un sistema sufficientemente efficiente nel punto di equilibrio tra rinforzo del profilo “successo – riuscita” (portare a termine positivamente un compito e/o evitare un danno) e quello del profilo “affiliativo” (socialità/appartenenza; ricerca di interazione e relazione).
Le tre dimensioni necessarie sono quelle riferibili alla cd. giustizia organizzativa (16). Le ricompense estrinseche (economica, ecc) ed intrinseche (psicologiche) devono essere poste a sistema.

4.  Conclusioni: valutazione del comportamento manageriale
Una volta acquisito il piano solido ed operativo delle variabili organizzative, le “implicazioni valutative” considerate andrebbero agganciate ad una tipologia di dettaglio che individui sotto-ambiti comportamentali. In tal senso, facendo tesoro degli studi metodologici a disposizione (e validi anche per l’ambito pubblico), ci sembra utile in particolare ai nostri fini il lavoro di Henry Mintzberg (17).
La sua proposta è costruita su tre sotto-ambiti comportamentali:
- dell’informazione, con i comportamenti del monitorare (verifica dei processi operativi), dell’elaborare (sviluppo delle informazioni ai fini operativi e decisionali), del disseminare (condividere le informazioni), del progettare (strategie, strutture e sistemi), del delegare, del fare il portavoce (verso l’esterno), del distribuire risorse, del valutare (il grado di raggiungimento degli obiettivi) (18);
- della relazione con le persone, con i comportamenti dell’energizzare (motivare, formare, ecc.), del far crescere le persone, dello sviluppare i team, del rafforzare la cultura organizzativa (promuovere i valori), del lavorare in rete (verso l’esterno), del rappresentare (sempre verso l’esterno, promuovendo l’immagine ed i valori della propria organizzazione) (19);
- dell’azione, con i comportamenti del gestire progetti, dell’occuparsi dei problemi, del lavorare in rete (come capacità negoziatoria di carattere operativo) (20).

Di seguito viene illustrato qualche collegamento esemplificativo tra le implicazioni valutative viste nel precedente paragrafo ed alcuni comportamenti evidenziati nei diversi sotto-ambiti.
Il “progettare” richiama la capacità di valorizzare specifiche posizioni organizzative, la capacità di interrelare ruoli in ottica sistemica, la capacità di proporre nuovi disegni organizzativi e la capacità di prefigurare processi decisionali.
L’”energizzare” richiama invece la capacità di offrire “arene comunicazionali”, la capacità di sviluppo di leadership circolante, l’offerta di counselling, la capacità di valorizzare conoscenze tacite ed expertice.
Il “sotto-ambito dell’azione”, considerato complessivamente, fa riferimento alla capacità di problem solving e problem setting, nonché alla capacità di intuire le potenzialità delle tecnologie in riferimento alla qualità ed all’efficacia della prestazione organizzativa.
Derivano da tutte le affermazioni fin qui fatte elementi di complessità che inducono a spostare l’attenzione dalla necessità di misurare i risultati attesi declinati nel dettaglio e collocati su scale metriche più o meno complesse a quella di giudicare l’operato di un dirigente pubblico attraverso l’osservazione ponderata della sua azione, attribuendo il giusto valore anche ad elementi culturali e relazionali “soft”, quali, ad esempio, la costruzione di ottime relazioni territoriali, anche se non accompagnate da una puntuale acquisizione di tutti i risultati produttivi attesi.
La complessità descritta rimanda in sintesi all’esigenza di mantenere un sistema valutativo quali-quantitativo piuttosto che cercare un’improbabile scorciatoia “pseudo-oggettiva” che sacrifica all’altare della misurabilità elementi troppo importanti delle competenze dirigenziali. Piuttosto si tratta di costruire strumenti di valutazione sempre più partecipativi e trasparenti, fondati sul coinvolgimento e la condivisione di tutti gli attori interni ed esterni al sistema organizzativo, prima-durante-dopo.
La mitologia di una valutazione oggettiva deve oggi fare i conti, anche per il management delle organizzazioni pubbliche, con i profili sempre più espliciti della complessità riferibile alle organizzazioni che questo deve governare. E’ una sfida che si spera possa essere affrontata con la consapevolezza socratica della ricerca e della razionalità limitata. Pianificare/prevedere il più possibile, ma saper rimediare comunque alle incongruenze che si presentano nel processo: gestire il presente immaginando il futuro.

 

NOTE:

1.Felice Paolo Arcuri è direttore generale di S3 Opus; insegna Sociologia presso l’Università Tor Vergata di Roma; Margherita De Candia è consulente della Provincia di Campobasso nell’ambito dell’outplacement e del career counseling; Fabrizio Giorgilli è dirigente della Pubblica Amministrazione.
2. Cfr., tra gli altri: Cantieri, Proposte per il cambiamento nelle amministrazioni pubbliche, Rubbettino, Catanzaro, 2002; MIPA – FORMEZ, L’impatto delle riforme amministrative. Relazioni e materiali per l’analisi dei processi innovativi nella Pubblica Amministrazione, Istat, Roma, 2004; E. Sgroi (a cura di), La nuova dirigenza e il cambiamento della Pubblica Amministrazione in Italia, SSPA Edizioni, Roma, 2005
3. F.P. Arcuri, C. Ciacia, L’inadeguatezza del modello organizzativo, in Salute e Territorio, n. 105, novembre-dicembre 1997
4. Si pensi solo al Terzo settore.
5. Da non dimenticare la rilevanza della qualità della normazione, anche su versanti specifici come quelli delle forme organizzative o della selezione del personale.
6. Una sorta di strategia della sopravvivenza, tra l’incudine (bisogni peculiari del contesto) ed il martello (legittime strategie centrali di messa in coerenza delle risposte).
7. Si è tenuto conto, per questo paragrafo, dei contributi, in particola di A.F. De Toni e L. Pomello, Prede o ragni, Utet ,  2005; G.M. Golinelli,  L’approccio sistemico al governo dell’impresa,  Cedam, 2005.
8. Per rendere quanto si va affermando ancor più chiaro, sembra utile citare le classi della complessità rintracciate dalla letteratura, tutte oggi plausibili per le organizzazioni pubbliche: interna (livelli gerarchici, numero di unità organizzative, numero dei luoghi geografici, livello di dinamismo dei processi); esterna (numero di variabili differenti con le quali si ha a che fare); ambientale (imprevedibilità e rapidità dei cambiamenti esogeni); gestionale (imprevedibilità del task e qualità del feedback); transazionale (incertezza ed indeterminatezza delle transazioni intra ed inter organizzative).
9. Generalmente, si considera anche la  varianza, ossia il numero dei casi possibili che si presentano distinti per aspetti significativi (diversità pertinenti): essa ha una dimensione sincronica (varietà) ed una diacronica (variabilità).
10. La resilienza indica la resistenza di un materiale alla rottura causata da un’urto. Cd. materiale tenace.
11. R.E. Boyatzsis, Trasforming Qualitative Information, Sage, London, 1997
12.H. Mintzberg, Il lavoro manageriale, Angeli , 2010
13. Ibidem
14. C.d. approccio “responsive” alla valutazione.
15.   L’approccio socio-tecnico, particolarmente utile ai nostri fini, indica diverse tipologie di variabili organizzative.
1) Variabili tecniche, relative agli aspetti tecnici ed organizzativi. 1.1. Struttura e Ruoli. Variabili che fanno riferimento agli aspetti socio – cognitivi e architetturali generali. La struttura rappresenta il disegno formale delle posizioni organizzative (organigramma, rapporti gerarchico – funzionali, ecc.). I ruoli (formali) sono riferibili alle modalità di attuazione della dinamica differenziazione-integrazione: declinano lo scopo, le attività previste, le responsabilità, le modalità di lavoro connessi alla posizione; determinano l’assetto istituzionale. 1.2. Meccanismi operativi. Sistemi e pratiche gestionali con funzione di facilitazione dei processi operativi: regole, procedure, sistemi di controllo e pianificazione, sistemi informativi, sistemi di gestione delle risorse umane, sistema amministrativo, ecc. Implicano tre aspetti: informativo, decisionale, procedurale/operazionale.
2) Variabili sociali,inerenti gli aspetti  psicosociali dell’organizzazione. 2.1. Clima e Cultura organizzativa. Componenti sociali e valoriali del sistema che articolano le modalità di relazione e comportamento, dentro l’organizzazione e nei rapporti con l’ambiente esterno. Processi interpersonale e/o di gruppo implicanti cooperazione-competizione. Organizzazione informale dei ruoli sociologici (aspettative del gruppo; status in quanto stima e prestigio; influenza in quanto autorità e persuasione). 2.2. Persone. Patrimonio soggettivo dell'organizzazione, in termini di potenzialità, conoscenze, abilità, expertice, motivazione, bisogni, formazione. Variabili individuali.
3) Variabili tecnologiche. Tecnologie utilizzate: informatiche, ecc.
4) Strategie ed obiettivi. Collegano il sistema organizzativo con il proprio ambiente di riferimento, in uno scambio riflessivo tra vincoli / opportunità da un lato ed azioni/progetti dall’altro. Espressione finale delle risorse organizzative.
5) Sistema premiante. Criteri e metodi per valorizzare i comportamenti attesi (istituzionalmente approvati ed apprezzati): sotto l’aspetto tecnico e quello sociale. Sistema premiante: total reward e sistemi incentivanti monetari e non monetari.
16. “Distributiva”, considerando le risorse offerte dalle singole persone (competenza, ecc); “procedurale”, garantendo la trasparenza del processo di presa delle decisioni; ed “internazionale”, dando valore ai processi di comunicazione interpersonale (riconoscimento, ascolto, ecc.). Conta in modo prioritario, in particolare per il management, la percezione soggettiva di equità.
17. H. Mintzberg, cit., 2010.
18.Informazione come strumento per guidare ed incoraggiare le persone verso la realizzazione dell’obiettivo.
19. Dimensione affettiva e relazionale. Il dirigente condivide con le persone “senso” dell’impegno lavorativo, anche attraverso il consolidamento del “noi” (lavoro di gruppo, comunità organizzativa, ecc.).
20. Profilo proattivo. Partecipando, guidando, “mettendoci le mani”, ricercando le soluzioni: il profilo del micro management.
 

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Giovedì, 13 Luglio, 2017 - 12:27