FORMAZIONE E CAMBIAMENTO N. 84 LUGLIO - AGOSTO 2014
di Claudio Pignalberi
“Un’educazione è veramente adatta alla libertà” – afferma Martha Nussbaum – “solo se è tale da formare cittadini liberi, cittadini che sono liberi non grazie alla loro ricchezza o alla loro nascita, ma perché sono in grado di orientare autonomamente la propria razionalità”.
Il benessere delle persone è molto più che una questione di denaro –sostiene Alessandrini –, consiste nella possibilità di realizzare i progetti di vita che gli individui hanno ragione di scegliere e perseguire grazie alle capabilities di cui sono portatori. Da qui il richiamo ad una nuova economia, un’economia dello sviluppo umano, che abbia come obiettivo la promozione del benessere stesso e della crescita, e che si impegni a valutare e perseguire attivamente politiche alternative nella misura in cui permettono di migliorare lo sviluppo.
Si tratta di una proposta che va sotto il nome di Capabilities Approach (CA): un modo di affrontare le tematiche etico-politiche basato sullo sviluppo e ancor prima sulla possibilità di vivere una vita degna per l’individuo a partire da quelle che sono definite – appunto – capacitazioni.
Le capability sono definite formalmente come “modi di agire, fare ed essere, che costituiscono tipicamente la vita umana e la distinguono da altre forme di vita reali o possibili”. Ogni elenco delle capacità, rivedibile per principio a causa della sua collocazione storica, nel momento in cui si colloca nell’ottica delle capacità stesse, mette a fuoco una “dignità dell’altro” basata principalmente sulla sua ragion pratica e socievolezza.
A partire dall’intuizione originaria e universale della dignità della persona come fine in quanto alimentata dalla libertà della ragione e del rispetto degli altri (legato all’appartenenza, e implicante la responsabilità), si ottiene la definizione delle capacità e le successive distinzioni interne tra esse.
Tale definizione implica al suo interno la distinzione tra una soglia minimale e una soglia massimale di capacità. La soglia minimale definisce il confine tra umano e non umano e va difesa in nome dell’intuizione iniziale del rispetto della persona come fine. Quella massimale comprende tutte le possibilità che la singola persona ha a disposizione nella sua “dotazione personale” al fine di raggiungere un livello di sviluppo che corrisponda alle sue possibilità. Vi è dunque un accordo sostanziale e intuitivo su ciò che costituisce la soglia minimale e che può essere variamente articolato attorno ai seguenti poli: vita, salute e integrità fisica; sensi, immaginazione e pensiero; sentimenti; ragion pratica e appartenenza; rispetto per le altre specie; gioco; controllo del proprio ambiente (partecipazione, proprietà privata, lavoro, giustizia). Alla soglia minimale, o delle capacità umane fondamentali, corrispondono sia le capacità interne (stadi di sviluppo della persona stessa che sono, per quanto la riguardano, condizioni sufficienti per l’esercizio delle funzioni richieste) sia le capacità combinate che coniugano le capacità interne con la situazione contingente del mondo circostante, che può inibire alcune capacità a danno di altre, e quindi obbligare a riscrivere al meglio l’ordine delle proprie priorità. Tutte le capacità hanno in comune la preminenza della ragion pratica che consente e guida l’esercizio della libertà, ed il riconoscimento degli altri in un atteggiamento di cura (cosa che garantisce la responsabilità etica e politica).
Senza ripetere l’intera lista, si può osservare che, come in Aristotele, essa si basa su una teoria della natura umana: una vita degna di essere vissuta è una vita che manifesta tutti questi funzionamenti – oppure, quanto maggiore è la presenza di questi funzionamenti – tanto più la vita è degna di essere vissuta.
L’idea fondamentale, dunque, è quella di pensare allo sviluppo di un Paese non ridotto solo alla crescita del PIL o dei redditi individuali, bensì deve essere interpretato in termini di espansione delle libertà sostanziali di ogni individuo, ossia dell’effettiva possibilità di scelta tale da essere rilevante nel quadro delle esperienze di vita e nel contempo realizzabile.
Da qui l’attenzione su quale implicazione di tipo “politico” – nel senso più ampio del termine – possa avere l’idea di un welfare centrato sul capability approach e sull’educazione come fonte di giustizia sociale.
Tali questioni sono state affrontate nell’opera prima nel panorama nazionale dal titolo “La ‘pedagogia’ di Martha Nussbaum” curato da Giuditta Alessandrini, Professore ordinario di Pedagogia sociale e del lavoro presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Roma TRE.
Il volume, edito da Franco Angeli per la Collana “Le Scienze dell’Apprendimento: cognizione e formazione”, è dedicato alla “pedagogia implicita” del pensiero e delle teorizzazioni della filosofa americana.
Il volume è una miscellanea che pone particolare attenzione ai nodi fondamentali del “capability approach”, al superamento di una visione economicistica dello sviluppo, alle nuove prospettive nell’educazione di genere e l’attenzione al dialogo interculturale, e raccoglie numerosi contributi di studiosi di varia appartenenza disciplinare e provenienti da diversi Atenei del Paese (tra i quali Roma TRE, Cà Foscari di Venezia, Sacro Cuore di Milano, Università del Salento).
Le questioni trattate sono le seguenti: come interpretare il tema dello sviluppo umano secondo una valenza che superi un approccio meramente centrato sul PIL? come interpretare nel suo significato più pieno, il concetto di “capability” nell’approccio elaborato da Martha Nussbaum, docente di filosofia politica all’Università di Chicago? quale valenza tale approccio può avere oggi in ambito educativo e pedagogico? e, quindi, come valorizzare il potenziale delle persone come garanzia di un welfare che possa potenziare le capabilities dei soggetti? quali implicazioni di tipo “politico” – nel senso più ampio del termine – possono avere l’idea di un welfare centrato sulla capability?
Come ha sottolineato la curatrice Giuditta Alessandrini, il volume intende condurre il lettore ad esplorare itinerari diversi in modo tale da poter scorgere la coerenza complessiva di un pensiero – quello della Nussbaum – che si articola in modo armonico su alcuni temi che travalicano la specificità di una singola disciplina, per affrontare questioni che riguardano il soggetto umano nella sua vicenda storica, al di là di rappresentazioni preconcette o ideologiche, e che possa inoltre contribuire a tenere acceso il dibattito per i ricercatori ed i dottorandi di area pedagogica su alcune questioni che appaiono vitali per il periodo di crisi di questi ultimi anni.
La prima parte “I fondamenti dell’approccio Nussbaum: capabilities e welfare educativo”, si apre con una lettura dell’approccio appunto ma facendo ricorso alla prospettiva della pedagogia del lavoro ed un’analisi del tema delle competenze in chiave di capabilities. L’itinerario prosegue poi con la ricostruzione delle condizioni che hanno determinato il deperimento di fatto del modello pedagogico tra crisi del fordismo ed affermazione del modello liberista, scorgendo nel welfare delle capacitazioni un’opportunità concreta di espansione delle libertà individuali verso nuove possibili soglie di benessere e di innovazione.
Le successive argomentazioni tematizzano da un lato i nessi tra intercultura, educazione e cittadinanza mondiale e, dall’altro lato, le interpretazioni e le discussioni in atto nel campo dell’educazione degli adulti. Rispetto al primo nodo tematico, si forniscono riferimenti utili per comprendere sia la prospettiva umanistica del pensiero della Nussbaum e la sua critica all’utilitarismo nei sistemi d’istruzione sia una riflessione puntuale e dettagliata sul tema dell’educazione alla cittadinanza globale in prospettiva interculturale. Rispetto al secondo punto, il tema del capability approach viene affrontato con una particolare attenzione alla discussione in atto nel campo dell’educazione degli adulti.
La seconda parte – dal titolo “Dimensioni educative dell’approccio alla capability negli habitat sociali e scolastici” – offre delle riflessioni argomentative diverse e convergenti all’approccio delle capability: a) dalle opportunità di apprendimento nella formazione superiore; b) il gender mainstreaming e capability approach nella formazione alla cittadinanza; c) il nesso tra ragionevolezza ed emozione; d) l’analisi dei fattori che generano l’innovazione sociale.
Sfogliando le duecentotrentaquattro pagine, il lettore può ricostruire il mosaico disegnato dalla curatrice per cercare di rispondere all’interrogativo che sta alla base del volume: l’approccio alle capacitazioni può riconoscersi come categoria pedagogica? Al lettore è rivolto l’invito a rispondere a questa domanda.
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Data pubblicazione:
Giovedì, 13 Luglio, 2017 - 12:28