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Apprendimento collaborativo on line dei formatori. Una esperienza di complex learning nel progetto DEEPER

Creato il:  29 Ottobre 2010

di Laura Vettraino*, Valentina Castello**, Eleonora Guglielman***, Marco Guspini****

1. Introduzione

Edgar Morin (2000) afferma in una sua celebre opera che «ordine, disordine e complessità coesistono» e che la vera competenza che tutti (per primi i formatori) devono possedere è quella relativa alla comprensione prima, e al “governo” poi, di tale sistema complesso. Per fronteggiare, padroneggiandola, la complessità di tale sistema bisogna, appunto, possedere una serie di competenze pregiate ovvero, per dirla con Claudia Montedoro (2004), una serie di competenze strategiche. Si tratta dunque di competenze che devono, evidentemente, essere patrimonio condiviso tra tutti quelli che saranno impegnati, a vari livelli e funzioni, nel sistema integrato del lifelong learning.
Il modello del Complex Learning interpreta la complessità del reale non come ostacolo ma come ricchezza di luoghi e risorse; finalizza e valorizza la complessità del reale trasformandola in una esperienza di apprendimento contestuale, significativa e consapevole; educa a comprendere la complessità del reale senza necessariamente semplificarla, ma formando le competenze necessarie per impadronirsi della complessità e per gestirla in modo efficace. Ciò è possibile a partire dal potenziamento delle competenze meta-cognitive di auto-regolazione sia dell’apprendimento sia del pensiero critico, che consentono di far emergere il ruolo di chi apprende, non come consumatore, ma come co-designer creativo, riflessivo e consapevole, sempre più capace di muoversi con competenza nel “continuum liquido” della società della conoscenza
Il progetto DEEPER (Developing innovativE and integratE training Program for rEfugees and asylum seekeRs, approvato nel quadro del programma europeo di apprendimento permanente (e, in particolare, del suo sotto-programma settoriale Leonardo da Vinci), focalizza l’assenza di una governance unitaria sia a livello europeo, sia a livello italiano, nel coordinare le azioni di formazione rivolte ai rifugiati, e sulle profonde differenze in termini di disponibilità di strumenti, adozione di metodologie, competenze dei formatori ecc.
A partire dalla registrazione di tale fabbisogno, DEEPER intende migliorare la qualità del sistema di formazione rivolto ai rifugiati in una prospettiva europea, introducendo un framework innovativo, capace di integrare la molteplicità e la complessità dei diversi sistemi di intervento in un programma comune, senza diminuirne la ricchezza. Il potenziamento delle competenze dei formatori e l’attivazione di un network permanente fondato su un processo collaborativo di condivisione di esperienze e scambio di soluzioni viene proposto come itinerario per raggiungere tale risultato.
L'analisi di scenario del sistema di formazione di riferimento e dei fabbisogni specifici ha fatto emergere la mancanza di una rete strutturata e complessa e per lo scambio di esperienze formative, materiali e per un dialogo costante attraverso forum dove i formatori potessero condividere modelli esperienze ed opportunità. La comunità dei formatori viene scelta come risposta per valorizzare in chiave positiva la complessità rappresentata dal particolare sistema di formazione rivolto ai rifugiati. Il focus è rappresentato dal network, reale e virtuale, degli operatori, degli strumenti e delle strategie di formazione. Una delle strategie per rispondere a questa necessità è stata rappresentata dalla progettazione e sperimentazione, nell'ambito di un approccio di complex learning, di un ambiente a supporto del continuo scambio e costruzione di pratiche, esperienze, materiali e metodologie che permetta ai formatori di rimanere in contatto attraverso le risorse stesse di rete. 

   
2. Il complex learning: principi, ambienti, attori

Il complex learning può essere definito come “nuovo dominio educativo” (Harasim, 1989) le cui peculiarità e implicazioni non sono assimilabili ad assunti teorici già esistenti e formalizzati per altri domini consolidati. Manca in altri termini una teoria univoca e unificante che sia in grado di rendere conto delle nuove questioni e dei processi insiti in una esperienza di complex learning. Appare inefficace in tal senso un approccio che tenti di cercare, nel panorama delle teorie scientifiche pre-esistenti, la giustificazione scientifica di pratiche educative e di apprendimento di nuova generazione, non ancora del tutto esplorate. Diventa per questa ragione necessario adottare un atteggiamento che punti alla pratica e consideri la teoria come sfondo di problematizzazione, adottare un approccio eclettico che accolga elementi anche difformi provenienti da teorie opposte. Si propone cioè di mantenere un punto di vista ampio e aperto, disposto ad accettare l’impegno di una riflessione teorica che tenti di cogliere e mettere in luce la dimensione autenticamente innovativa di cui il Complex Learning è espressione (Vettraino, Guglielman, Guspini, 2010).
Il termine complex intende richiamare un sistema completamente aperto, dinamico, flessibile, capace di auto-generarsi e di ri-organizzarsi costantemente. Applicare questo “format” ai processi di apprendimento significa ammettere che il risultato di essi diventa imprevedibile a priori, in quanto prodotti da una continua interazione dinamica e aperta. I principali elementi dell'approccio proposto possono essere così richiamati (Vettraino, Guglielman, Guspini, 2010):
·    ibridazione degli spazi virtuali e degli spazi “reali”, secondo la visione data dalle più recenti tecnologie digitali;
·    opportunità di personalizzare l’ambiente di apprendimento superando i confini della “piattaforma” e-learning per allestire il proprio spazio con gli strumenti collaborativi e interattivi di rete (Bonaiuti, 2006);
·    transizione tra l’ambiente “chiuso” del corso e gli ambienti “aperti” delle comunità in rete e dei social networks, in un processo di allargamento progressivo della Comunità di Apprendimento in direzione di una “Complex Learning Community” multi-canale e, soprattutto, multi-attoriale;
·    ri-configurazione fra le diverse tipologie di modelli di e-learning, con l’instaurazione di nuovi legami e nuove gerarchie tra i media, i linguaggi e le modalità d’interazione e quindi di “rimediazione” (Bolter, Grusin, 2002);
·    dinamicità dei ruoli, grazie alla partecipazione allargata e alla leadership condivisa e ad assetto variabile (Guspini, 2005b);
·    costruzione collettiva di conoscenza grazie alle “learnativity”, attività finalizzate a un apprendimento in azione concreto, situato, autentico e basato su processi collaborativi;
·    ciclicità del processo di apprendimento come emersione ricorsiva e progressiva di nuova consapevolezza (Guspini, 2003);
·    valorizzazione delle biografie rappresentative e delle competenze relative sia ai processi di apprendimento non formali sia processi di apprendimento informali (Guspini, 2005; Tramma, 2009);
·    visione olistica dell’intero processo, che non è il risultato di un semplice assemblaggio di elementi bensì rappresenta un continuum ed è superiore alla somma delle parti: non una semplice sommatoria delle due modalità educative “distanza” e “presenza”, ma un processo che consente “l’acquisizione di competenze aperte, collaborative, orientate al processo più che al prodotto;
·    sviluppo di capacità meta-cognitive, di pianificazione, di monitoraggio e valutazione del proprio percorso formativo; collegamento tra conoscenze disciplinari, le applicazioni pratiche, la ricerca scientifica; condivisione di saperi tra allievi e docenti" (Guspini, 2008).

Accettare la complessità non significa, tuttavia, ammettere la casualità dell’apprendere; al contrario, diventa indispensabile governare in modo competente e professionale il processo e perciò definire metodologie per formare delle complex learning skill. Il confine tra Complex Learning e Complex Teaching è dunque molto sottile, in considerazione dell’impegno che è necessario assumere se si vogliono finalizzare, in termini educativi, gli elementi caratterizzanti la complessità. Accettare la sfida della complessità significa accettare di superare modelli di formazione chiusi e gerarchici, i quali si sono rivelati insufficienti e inadeguati, riproduttivi di schemi di apprendimento basati sulla staticità dei ruoli, dei compiti e degli ambienti. Il Complex Learning si pone questo obiettivo, ridisegnando un ambiente di apprendimento in continua evoluzione, frutto dell’interazione che al suo interno si realizza, dove cambiano gli spazi, ma anche i soggetti che lo “abitano” e gli oggetti che lo “arredano”, le competenze di apprendimento e di insegnamento (Vettraino, Guglielman, Guspini, 2010).
Il Complex Learning Environment è aperto, contaminato e contaminabile dal reale e dal virtuale, dai saperi formali e informali che possono essere mediati, secondo un approccio olistico, in presenza e a distanza, da ogni genere di dispositivi e tools formativi, informativi e comunicativi.

All’interno di questo particolare luogo di apprendimento, composto da spazi e “non-spazi” diversi e complementari, che si caratterizza per la sua liquidità, prende vita e agisce la Complex Learning Community. Una comunità che impara a riconoscere la propria identità proprio nell’ibridazione degli spazi, nella multiattorialità, nell’integrazione digitale di codici comunicativi differenti (immagini, testi, ipertesti, audio-video, ecc.), nell’apertura alla creazione di sinergie e opportunità. Gli interlocutori e gli attori del processo di apprendimento sono corresponsabili della costruzione del proprio Complex Learning Environment dove possono aggiungere gli strumenti, le funzioni, i media, le risorse che ritengono utili, interagendo fra loro e con le altre communities presenti sia sul web sia nella realtà.
In un Complex Learning Environment non ci sono formatori, ma animatori della Complex Community, dei Complex Tutor che hanno il compito di formare e/o potenziare in chi apprende le competenze necessarie a gestire e orientarsi nella complessità. Questi animatori orientano i partecipanti all’utilizzo delle risorse disponibili per l’apprendimento, sia quelle formali/non formali, sia quelle informali altrove presenti (sia nel web sia dentro e fuori dal contesto e dal gruppo in formazione), guidando e stimolando chi apprende a reperirle, analizzarle, selezionarle, sceglierle, utilizzarle in funzione dei propri contesti di riferimento. Il Complex Learning ri-configura dinamiche e ruoli di chi forma e di chi apprende, ruoli che non sono più assegnati e stabiliti a priori: la leadership e la tutorship sono ad assetto variabile. I diversi attori del processo, (studenti, esperti, animatori, formatori, ecc.) vengono di volta in volta ri-conosciuti dal gruppo che apprende come “esperti di fatto” in funzione delle soluzioni e dei contribuiti che sono in grado di dare in relazione alle problematiche di volta in volta emergenti. I Complex Tutor sono animatori dei processi di apprendimento: invitano e orientano a contestualizzare i contenuti di apprendimento rispetto ai “luoghi culturali di provenienza”, animano e moderano le discussioni, sostenendo la partecipazione, fornendo feedback di rinforzo, motivando le persone, informandole se stanno andando nella giusta direzione e/o fornendo indicazioni e/o incoraggiamenti, coinvolgendole nelle discussioni e/o incoraggiando la condivisione delle esperienze, dei dubbi e delle soluzioni, promuovendo l’attività collaborativa (prima ancora che quella cooperativa) in rete (Vettraino, Guglielman, Guspini, 2010).
La scelta di un’esperienza di complex learning richiede un radicale cambiamento di atteggiamento mentale da parte delle persone coinvolte in una attività di formazione e un profondo cambiamento di cultura dei formatori e dei partecipanti, che assumono un ruolo attivo di co-designer del processo di apprendimento stesso e dei suoi ambienti, “oggetti” e contenuti.
Il complex learning è dunque un modello learner centred basato su processi di knowledge sharing all’interno di comunità di apprendimento e/o di pratica, dove gli interlocutori e gli attori del processo di apprendimento hanno la possibilità di esprimere le proprie potenzialità, le proprie inclinazioni e attitudini, il proprio carattere, le esperienze di vita e di apprendimento già maturate sia in contesti formali di apprendimento sia in contesti apprenditivi non formali e/o informali. A partire dalla condivisione di un obiettivo o di un problema comune, ciascuno ha l’opportunità di giungere a una soluzione mettendo in gioco le proprie – e attingendo alle altrui – risorse, competenze, soluzioni, con lo stile che gli è proprio. Punto di partenza è l’esperienza, sia quella individuale passata e da condividere con il gruppo, sia quella presente costruita insieme nel corso del processo stesso di apprendimento che si realizza come concettualizzazione dell’esperienza (Dewey, 1961). Si tratta, in altre parole, dell’emersione delle biografie rappresentative di ciascun partecipante, con la quale si mettono in comune conoscenze, esperienze e visioni del mondo e che costituisce il passo preliminare per la costituzione di una comunità di apprendimento dove i significati sono esplicitati e condivisi e diventano parte del patrimonio collettivo di saperi (Guspini, 2003; (Vettraino, Guglielman, Guspini, 2010).

3. Il Complex Learning in DEEPER
L’attuale sistema per l’accoglienza e l’integrazione dei rifugiati in Europa non riesce a soddisfare la sempre più crescente richiesta di formazione, sia professionale, sia linguistica. Esistono ed operano nei paesi dell’UE diverse strutture che effettuano una adeguata formazione linguistica per i rifugiati, ma che sono carenti per quanto riguarda il loro l’inserimento nel sistema professionale legato al mondo del lavoro.
I formatori professionali coinvolti nel sistema per i rifugiati (profondamente diverso seppur interrelato con il sistema rivolto agli immigrati in generale) si trovano ad affrontare svariati stili di apprendimento e comportamento di utenti con differenti background culturali, psicologici e di vissuti personali più vulnerabili. Anche lo stesso significato psicologico legato alle esperienze della fuga dal paese di origine dei rifugiati differisce da Paese a Paese e richiede, quindi, l'adattamento dal punto di vista pedagogico, nonché l'integrazione di metodologie innovative (informali, collaborative, biografiche) che possano favorire un approccio ed una continuità nell’apprendimento, in un'ottica di supporto ai processi di integrazione e (ri)costruzione identitaria complessivi (Castello, Vettraino et al, 2010).
La principale sfida posta al progetto DEEPER è la valorizzazione stessa, in chiave positiva, della complessità rappresentata dal particolare sistema di formazione rivolto ai rifugiati.
I formatori che lavorano con i rifugiati si trovano ad operare in un ambiente privo di una rete reale per lo scambio di esperienze e conoscenze con la conseguente difficoltà oggettiva di dover riprendere ogni volta, per situazioni diverse, strategie differenti per la formazione professionale del rifugiato.
Gli stessi formatori, inoltre, a livello locale sono coinvolti in modalità profondamente differenziate relativamente a modelli organizzativi ed istituzionali, profili curriculari, strumenti e programmi. In Italia, in particolare, è assente un quadro di riferimento unico in termini di strumenti e competenze, sia a livello nazionale che locale, sebbene dal 2001 sia stato avviato un Sistema nazionale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, all’interno del quale servizi mirati anche in questo ambito sono stati previsti e sono operativi.
DEEPER intende far fronte alla necessità crescente di ricostruzione ed innovazione (tenuto conto delle potenzialità delle metodologie informali, centrate sull’apprendimento e sul comportamento) ed alla creazione di un quadro comune (in termini di strumenti e programmi, formatori delle comunità) che soddisfino le esigenze di apprendimento dei rifugiati.
DEEPER intende integrare la molteplicità e la diversità dei sistemi di intervento (per organizzazione, curricula, competenze dei formatori, strumenti e programmi) in un programma comune senza diminuirne la ricchezza. Il progetto intende raggiungere tale risultato di sviluppo e valorizzazione delle competenze dei formatori attraverso l'attivazione un network permanente fondato su un processo collaborativo di condivisione di esperienze e scambio di soluzioni. A tal fine, attraverso il trasferimento, adattamento e valorizzazione del modello concettuale del complex learning, si è scelto di creare una comunità – progressivamente allargata e partecipata – degli attori che operano con i rifugiati e i richiedenti asilo.
La ragione della scelta di trasferire al contesto dei rifugiati il modello del complex learning risiede nella sua innovatività dal punto di vista metodologico, organizzativo e tecnologico. Il Complex Learning propone un approccio learner-centred basato sulla condivisione della conoscenza all’interno di una learning community orientata ad evolvere in comunità delle pratiche (Castello et al., 2010).
Tale modello incoraggia lo sviluppo e l’utilizzo di competenze metacognitive di gestione dei processi di apprendimento e di soluzione condivisa dei problemi, di lavoro collaborativo. Facilita la creatività, la collaborazione e la condivisione fra i partecipanti i quali agiscono come gruppo. All’interno di tale complex community ), supportata anche dal web, i partecipanti possono costruire il proprio personale ambiente di apprendimento aggiungendo gli strumenti, i media e le risorse delle quali hanno bisogno, interagendo fra loro e con le altre community presenti nel web (Castello, Dell'Aiuto, Sancin, 2008; Vettraino et al, 2010).
Gli “oggetti di studio” infatti non si presentano più solo come assegnati, chiusi e auto-consistenti. Gli oggetti e i materiali di studio possono essere modificati, aggiunti anche da chi apprende. I materiali di apprendimento continuamente e così dinamicamente originati, frutto della Learning Activity, si trasformano come l’ambiente e divengono essi stessi traccia del processo di apprendimento nel suo divenire. In questo senso Complex Learning segna il superamento del concetto di learning object e delle logiche tipiche dell’approccio modulare. Gli uni e l’altro non fanno che riprodurre uno schema di apprendimento controllabile, replicando in rete un modello chiuso di formazione, e rinnegando sostanzialmente la non controllabilità delle aperture e delle ibridazioni offerte dal web. Se attraverso i learning object, combinati fra loro in modo ogni volta diverso, si intende condurre, seppure attraverso percorsi differenziati, ad uno stesso risultato di apprendimento, il Complex Learning contempla la possibilità che ciascuno possa davvero raggiungere una propria forma di eccellenza cognitiva, sviluppando pienamente le proprie potenzialità e i propri talenti, raggiungendo risultati diversi in funzione di quanto è capace e disponibile a mettersi in gioco.
Tale approccio educativo è basato infatti fortemente sul concetto di personalizzazione, inteso come ricerca dell’eccellenza che ciascun individuo può esprimere; sulla valorizzazione delle biografie rappresentative; sulla creazione di percorsi innovativi basati sulla condivisione della conoscenza e sulla co-costruzione del sapere; sulla leadership ad assetto variabile dove gli esperti, di fatto, esercitano dinamicamente il ruolo di tutor; sulla competenza esperta di complex tutor che garantiscono lo sviluppo della Community lungo un percorso progressivo di acquisizione di autonomia (Guspini, 2005; Castello, Vettraino et al, 2010). Un simile approccio ben si presta alle finalità del progetto DEEPER per la costruzione di un network permanente di dialogo and peer learning capace di supportare il dialogo fra operatori appartenenti a sistemi molto diversi e di incoraggiare l’interazione fra culture differenti. Fare della complessità un punto di forza è un altro fattore di innovatività che ben si presta ad affrontare in modo efficace la complessità del sistema di formazione per i rifugiati.

4. Conclusioni e scenari aperti di ricerca e sperimentazione

Secondo Lévy (1996), l’intelligenza collettiva è il prodotto della memoria collettiva, della collettività, e diventa un progetto quando l’uomo fornisce alla comunità gli strumenti che consentono l’interazione tra gli individui. L’intelligenza collettiva è la pratica delle intelligenze multiple in relazione le une alle altre in una esperienza real-time. Strumenti di rete e piattaforme hanno le potenzialità per consentire agli individui di migliorare la propria rete sociale, e in questo modo, potenzialmente anche di migliorare il proprio apprendimento (Castello et al., 2010).
Le reti sociali stanno diventando sempre più rilevanti per il numero di utenti e per la qualità degli strumenti disponibili. Gli individui sono sempre più in grado di imparare ad imparare, di mettersi quindi in una posizione più centrata all’interno dei processi di apprendimento. Per loro natura, le reti sociali consentono un uso educativo e informativo altamente dinamico su larga scala. L'eLearning 2.0 valorizza modelli connettivi ed adattivi di apprendimento, innovativi (e in un certo senso ancora sperimentali) che hanno l’effetto di mettere in pratica i processi di apprendimento e la costruzione di una nuova cultura formativa. Esso rappresenta un approccio che tiene conto del fatto che gli individui imparano in modo diverso è quello che utilizza il più fondamentale di tutti i metodi di insegnamento umano: l’apprendimento interattivo che si realizza attraverso processi non lineari ed informali (Sorrentino, Pescuma, Castello, 2010).
Dove il web 3.0 e il social networking rappresentano le sfide e l’avanguardia dell’apprendimento mediato dal web, la formazione in rete spesso fatica a decollare. L’inefficacia dei sistemi di e-learning è spesso connessa, a nostro avviso, alla tendenza a replicare in rete i comportamenti e modelli della formazione, che fa da barriera culturale e materiale ad un positivo sfruttamento delle opportunità della comunicazione formativa in rete (Vettraino et al., 2010).
Attraverso il Complex Learning diventa possibile potenziare e arricchire - in processi organici di auto-generazione collaborativa - le esperienze di apprendimento con la ri-mediazione dei linguaggi, degli strumenti, dei ruoli stessi. Applicare il Complex Learning è però impegnativo, time expensive, e richiede competenze pregiate. Per godersi le opportunità che la complessità ci offre è necessario sviluppare un nuovo repertorio di competenze (Vettraino, 2004). Occorre potenziare e/o formare competenze meta-cognitive, quali ad esempio l’auto-valutazione, l’auto-orientamento, l’attitudine alla ricerca, la competenza relativa al problem finding e al problem setting prima ancora che al problem solving e al decision making, l’attitudine alla condivisione e al lavoro collaborativo (piuttosto che a quello cooperativo), la capacità di dialogare attraverso modelli di comunicazione formativa “molti a molti”, la disponibilità a mettere in discussione il proprio punto di vista e ad ammettere che un risultato raggiunto possa essere sempre un nuovo punto di partenza; la capacità di disimparare (Vettraino, Guglielman, Guspini, 2010).
A ciò si collega anche necessità di arricchire ed ampliare progressivamente la riflessione su ruoli, competenze, approcci e modelli di valutazione, affinché si possa misurare l’apprendimento collaborativo e connettivo, con particolare attenzione all’analisi qualitativa dell’apprendimento sociale.
Coerentemente alle dimensioni e caratteristiche dei processi di apprendimento collaborativo in rete ed agli scenari di complessità propri del Complex Learning la Complex Community del progetto DEEPER adotterà un sistema di valutazione multidimensionale (in relazione alle dimensioni esperenziali, cognitive ed emozionali supportate dal sistema di apprendimento in rete) e multilivello, sia in termini di attori sia di risultati sia ancora di impatti, sulla rete dei formatori  e sul sistema di integrazione dei rifugiati. In tal senso, si promuove una visione di self assessment (individuali o di gruppo) e di peer review e:
-    longitudinale, di valutazione del framework nel suo complesso focalizzata, non solo sugli obiettivi formativi, ma anche sull’impatto di breve e lungo termine sui formatori e sul sistema di integrazione utente/rifugiato;
-    relativa all’interazione, alla rete, alla comunicazione tra formatori e tra questi e gli altri attori rilevanti (le Istituzioni, i rifugiati stessi, le reti complementari alla comunità di formatori stessi del sistema quali, ad esempio, gli operatori della mediazione e del privato sociale e/o del mondo del lavoro e del sistema educativo formale).
(Castello, Vettraino et al., 2010).

Coerentemente con il progressivo spostamento dai sistemi tassonomici di gestione dell’apprendimento verso una prospettiva di apprendimento permanente supportato dalla tecnologia (o technology enhanced learning), la valutazione dovrebbe concentrarsi sull’impatto che tali sistemi hanno sugli individui e sui processi di apprendimento organizzativo e sociale (e le loro interrelazioni dinamiche) e sul loro potenziale per migliorare le pratiche di apprendimento partecipativo, valorizzandone la multidimensionalità, capaci come sono di coinvolgere l’aspetto cognitivo, esperienziale ed emozionale (Sorrentino, Pescuma, Castello, 2010).
DEEPER intende, in tal senso, promuovere un modello innovativo, che valorizzi la complessità della persona e del suo sviluppo e che tiene conto delle esigenze del rifugiato e del formatore; non ultimo e di certo non meno importante è lo stimolo che DEEPER si propone di dare alle istituzioni per l’avvio di un discorso molto più ampio sull’integrazione del rifugiato attraverso un corretto inserimento nel mondo del lavoro e naturalmente all’interno della società. I risultati serviranno a migliorare le competenze dei formatori, gli strumenti e le buone pratiche. La valorizzazione di approcci di complex learning e la correlata promozione di reti attive di formatori consentirà di rafforzare, nel lungo periodo, un continuo aggiornamento delle competenze e dei sistemi formativi. A livello istituzionale, le amministrazioni locali e il sistema per i rifugiati nel suo complesso, saranno volti a migliorare la conoscenza e la qualità dei servizi. Gli studenti-rifugiati beneficeranno dei risultati del progetto in termini di migliori programmi di formazione, capaci di tener conto della diversità delle espressioni culturali, cognitive e motivazionali. I decisori politici e gli esperti potranno godere dei risultati del progetto addentrandosi nei diversi stili di apprendimento. Infine, il settore istruzione e formazione professionale trarrà vantaggio dal punto di vista dello sviluppo delle competenze e beneficerà di una maggiore qualità attrattiva nei confronti delle istituzioni sulle tematiche interculturali (Castello et al., 2010). Poiché l’innovazione incoraggia solitamente atteggiamenti di difesa e reticenze rispetto all’”ignoto” DEEPER rappresenta un’occasione preziosa per sperimentare e perfezionare le modalità di applicazione di tale modello. In tal senso, il progetto potrebbe diventare motore per future progettualità ed esperienze legate alla formazione professionale aprendo la strada a modelli di integrazione innovativi, ad un più semplice inserimento di fette della popolazione UE “marginali” all’interno delle società dei singoli paesi europei.

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* Dottore di ricerca in Pedagogia, lavora nel settore della formazione dal 1998, ricercatore senior e project leader, è esperta di lifelong learning e di progettazione nell’ambito di iniziative e programmi nazionali e comunitari. È stata docente presso l’Università dell’Aquila e di Roma Tre come formatore dei formatori nei corsi di Specializzazione e nei Master di Secondo livello, in presenza e in rete. Ha lavorato dal 2001 al 2005 come Project leader di servizi formazione nel Dipartimento di Business Process Outsourcing di EDS Italia SpA; esperta di formazione in rete, ha una consolidata esperienza come animatore di comunità di apprendimento in rete, con rilevanti pubblicazioni sull’e-learning.

** È responsabile dell'area innovazione di Dida Network e docente presso l'Università degli Studi dell'Aquila. Ricercatore, formatore e coordinatore di gruppi di ricerca sui processi di apprendimento e sviluppo individuali ed organizzativi, i sistemi di sviluppo e governance, il technology enhanced learning. Relatrice in convegni nazionali ed internazionali, è autrice di numerose pubblicazioni.
 
*** Laureata in Filosofia presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza, ha conseguito il Perfezionamento presso l’Università degli Studi di Firenze con il corso “Metodi e tecniche della formazione in rete”. Da diversi anni si occupa delle problematiche dell’istruzione, formazione e sperimentazione educativa, con collaborazioni per le cattedre di Pedagogia dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza e per l’Università degli Studi Roma Tre, dove è stata e-tutor nel corso di laurea a distanza in Scienze dell’Educazione e dove attualmente svolge il dottorato di ricerca in Pedagogia. Svolge attività di progettazione di interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali, monitoraggio e valutazione di programmi e iniziative comunitarie, docenza in corsi di istruzione post lauream e per adulti, studio e ricerca sull’e-learning e le tecnologie educative, consulenza per la formazione.

**** Guspini Marco, Professore a contratto all’Università degli Studi La Sapienza, all’Università degli Studi Roma Tre, all’Università degli Studi dell’Aquila per oltre un decennio. Ha insegnato, fra l’altro, “Valutazione degli apprendimenti e dei processi educativi” e “Pedagogia del lavoro”. Attualmente è Dirigente Scolastico e presidente di Educommunity, Associazione per la professionalità docente. Recentemente ha pubblicato, per Learning Community, Complex Learning (2008) e Riflessioni Pedagogiche (2009).

 

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Giovedì, 13 Luglio, 2017 - 12:27