Recensione a cura di Stefania Nirchi
Per molto tempo, i sociologi si sono interessati dell’elearning in modo molto residuale, lasciando questo terreno di studio in mano a tecnologi e studiosi disciplinari di ogni ambito, come se la rivoluzione sociale che passa attraverso le nuove tecnologie non avesse interessato gran parte della sociologia. Il pregio del testo E-learning e cambiamenti sociali dal competere al comprendere, edito da Liguori (2008), a cura di Maddalena Colombo, cerca di recuperare proprio questo ritardo. Si tratta di un'opera collettanea che presenta, anche attraverso il supporto dell'analisi empirica, il modo in cui i processi sociali all'interno dei contesti organizzativi si siano modificati con, e attraverso, l’e- learning.
La tesi centrale del volume, che si costituisce come il filo rosso di tutti gli articoli, consiste nell'idea che l’e-learning porti a compimento un processo "di incorporazione della funzione sociale dell'apprendimento all'interno di un modello che vede il sapere come la premessa di un tipo di sviluppo umano trainato dallo sviluppo economico "(p. 3).
Il volume si compone di otto capitoli, ciascuno dedicato all'analisi di una tematica specifica. Dopo l'introduzione, orientata a mettere in luce la specifica prospettiva sociologica nello studio dell’e- learning, si possono scorrere gli interessanti contributi che entrano nella specificità delle pratiche, affrontando il tema della relazione tra e-learning e controllo nella società della conoscenza, e-learning a scuola, nella pubblica amministrazione e nei percorsi di educazione continua. Si offre inoltre una classificazione dei diversi ambienti di apprendimento nella società della conoscenza proponendo una visione dell'educazione attraverso le funzioni didattiche della web radio. Il lavoro non si esime dall’affrontare anche le questioni critiche e i conflitti generati dall’elearning nella trasmissione del sapere. Interessante si presenta anche l'appendice, dedicata alla ricostruzione degli attuali scenari dell’e-learning in Italia attraverso la restituzione di una fotografia dei processi di cambiamento in atto.
Di particolare interesse l'articolo “Il Processo di incorporazione dell’e-learning nell’università: offerta capillare e socializzazione nella/alla rete” . Se iniziamo solo a sfogliare la prima pagina di questo articolo sull’e-learning, ci accorgiamo da subito che non si tratta di uno dei tanti contributi che in questi anni riempiono libri e/o riviste di settore. L’autrice fa un’analisi puntuale dell’utilizzo dell’e-learning in ambito universitario individuando i punti forti e i punti deboli di una tecnologia multimediale applicata a livello di didattica e di ricerca accademica. La cornice di ricerca che fa da sfondo al problema indagato è lo studio di caso condotto attraverso l’osservazione partecipante all’interno del Master Multimedialità per l’e-learning, Responsabile scientifico professor Roberto Maragliano, edizione 2006-2007, svolto presso l’Università degli Studi di Roma Tre. Il problema dell’e-learning nell’università viene analizzato dal punto di vista della qualità dell’offerta didattica e del coinvolgimento degli studenti con gli strumenti ICT affiancati alla didattica tradizionale. Gli studi che si sono susseguiti negli ultimi anni ci dicono che il saper utilizzare le nuove tecnologie rappresenta un elemento essenziale per governare lo spazio della vita pubblica, per esercitare quella che possiamo chiamare una "cittadinanza digitale". Da sempre le società e le civiltà umane adottano e usano le “tecnologie della parola” (Ong 1986) a loro disposizione per integrarle nell’esperienza formativa, per promuovere la crescita individuale nel sapere, nel saper fare e nell’essere.
L’università – luogo nato per conservare, approfondire, accrescere e trasmettere i saperi che una società ritiene fondamentali alla propria conservazione e promozione nel tempo – non si è mai sottratta a questa dinamica. Le teorie della diffusione ci hanno insegnato a discernere le varie tappe dell’adozione/rifiuto delle tecnologie, e a riconoscere che queste non sono guidate solo, né soprattutto, da condizioni intra-tecnologiche, ma anche da condizioni culturali, sociali, economiche e giuridiche. La storia recente dell’adozione delle tecnologie digitali dell’informazione e della comunicazione in ambito formativo – meglio conosciuta con il termine e-Learning – e in quello universitario in particolare, ha mostrato e mostra una grande creatività, e sembra indicare un percorso verso un’integrazione consapevole e ponderata. Si delinea questa come una prospettiva non molto diversa da quella che ci viene proposta dall'Unione Europea, che si orienta verso un nuovo modello di società, basata sulla conoscenza, e che si pone come intento la realizzazione di tale modello entro il 2010, proprio con il supporto e la diffusione delle tecnologie digitali. Del resto anche il contesto in cui si deve apprendere è cambiato: il tempo disponibile per l'aggiornamento è sempre minore, le conoscenze necessarie nel mondo del lavoro aumentano in quantità e peggiorano in qualità, sono spesso decontestualizzate, parcellizzate, in continua evoluzione; c'è bisogno di risorse formative ed informative che possano essere immediatamente applicate nella pratica, che possano corrispondere alle esigenze della persona nel momento in cui queste si manifestano (just in time). Emerge sempre più evidente la necessità di un approccio in cui i modelli formativi classici, che pure mantengono la loro validità nelle situazioni più consolidate, possano progressivamente evolvere verso processi di acquisizione di know-how ove tutte le componenti coinvolte (tecnologiche, pedagogiche, organizzative e così via), siano organizzate secondo nuovi paradigmi. A tale riguardo l'e-Learning ha rappresentato un primo passo rispetto all'integrazione della rete nella pratica formativa. Infatti, tale approccio attualmente propone meccanismi di gestione di materiali didattici coerenti con le tecnologie via via emergenti: da una parte insistendo sugli standard per l'interoperabilità ed il riuso (la nascita dei Learning Objects ne è un esempio), dall'altra adottando metodi e tecnologie per l'erogazione controllata di contenuti formativi (in particolare i Learning Management Systems). L’elaborazione stessa dei materiali si apre con l’e-learning ad un viaggio nuovo, nel quale autore e lettore diventano protagonisti assoluti del percorso di scrittura intrapreso.
Insomma, se le nuove piattaforme comunicative consentono di sperimentare e mettere in pratica modalità inedite per l’organizzazione del lavoro di gruppo, e se gli attuali modelli di produzione culturale sono sempre più decentralizzati e edificati su schemi di cooperazione e condivisione, è necessario – come ci dice Landow - che gli studenti abbiano la consapevolezza delle implicazioni educative dei media basati su Internet, affinché possano riconoscere le qualità fondamentali dei materiali digitali per impiegarli nel migliore dei modi. Solo docenti preparati possono “esplicitare i vantaggi” e “suggerire l’uso migliore” delle nuove tecnologie, così come solo con istituzioni aperte al cambiamento si può pensare di guardare al presente e al futuro con pragmatismo e non con rimpianto.
E’ ragionevole chiederci quale sia il valore aggiunto di questo nuovo modo di fare didattica, ed è importante non dimenticare che un tale percorso presuppone che ci si attrezzi per superare alcune criticità che ne minano la riuscita in termini di efficacia ed efficienza: i costi molto alti di produzione e di esercizio, la difficoltà di coinvolgere larghe schiere di docenti, la difficoltà di raggiungere larghe platee di studenti, il digital divide che separa ancora profondamente, nel nostro paese, generazioni e strati sociali. Proprio alla luce di questa analisi e di queste difficoltà, non si può prescindere da elementi di scenario che pongono precise sfide ed evidenziano opportunità per l’e-Learning universitario. Una delle sfide che l’autrice ci suggerisce di cogliere è quella di muoverci con autonomia nella classe virtuale uscendo dall’isolamento del singolo e valorizzando invece i rapporti con il gruppo. Il superamento delle criticità del fare azione in rete può essere ci dice “l’analisi dei threads (i fili del ragionamento), che ricostruisce l’andamento della discussione tra i partecipanti mettendo in evidenza i momenti critici e le debolezze in essi contenuti (anche in relazione alle dinamiche relazionali)”, e soprattutto individuando le strategie più appropriate per valorizzare e potenziare la dimensione del lavorare insieme .
L’isolamento a cui spesso ci si riferisce quando si parla di rete è una “solitudine considerata egoistica, frustrante, pericolosa se associata alla rete ma non se associata alla pagina di un libro” . Infatti siamo abituati a pensarla strettamente legata al momento della scrittura, e che corrisponde, per dirla con Margherite Duras a quel “respiro” senza il quale lo scritto non si realizza o si sbriciola esangue nel cercare cosa scrivere ancora. Una solitudine che pare non avvolgere però lo scrittore virtuale. Scrivere e comunicare per il web implicano un rapporto del tutto diverso con la composizione . C’è chi sostiene che l’intuizione letteraria è più facilmente esperibile sui fogli elettronici a causa dell’assenza della fatica grafico-letteraria. A questo si contrappone però una minore riflessività e approfondimento con evidenti ricadute di stile. La letteratura viaggia nella rete adattandosi, cambiando, subendo quella che Marinelli chiama “mediamorfosi” e dando vita ad una sorta di Biblioteca di Babele nella quale Borges immaginava di trovare tutti i libri, non solo quelli già scritti, ma anche quelli che potranno esserlo durante tutta la storia dell’umanità. Questo adattamento e cambiamento sono alla base della nascita di nuove forme di cultura e letteratura: il testo ritorna alle sue origini ridiventando “tessuto” ' . Nel tessuto di questa rete noi dobbiamo imparare ad apprendere ed insegnare in forme nuove, più aperte e flessibili. Di fronte a tale scenario è necessario pensare anche alla differenziazione dei percorsi formativi, anche in forme che non siano più gestite con strumenti tradizionali, ma con mezzi e strategie che permettano di accompagnare e guidare il processo di cambiamento. Questa differenziazione non comporta la rinuncia alla formazione “tradizionale” ma il suo affiancamento con nuovi strumenti e metodologie. Per tutte queste ragioni l’Università e il sistema formativo in generale sono chiamati a ripensare finalità e metodologie, mentre il sistema della produzione scientifica e della formalizzazione del sapere deve interrogarsi sulla sua reale capacità di penetrazione e di rinnovamento.