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La cura della consapevolezza. Teorie e pratiche della mindfulness, a cura di M. Tomassini, Tecniche Nuove, Milano, 2012

Creato il:  3 Gennaio 2013


 
FORMAZIONE E CAMBIAMENTO N.75 GENNAIO - FEBBRAIO 2013
 
Recensione di Viviana Ballini [1]
 
La cura della consapevolezza è un libro che non ha a che fare con la formazione in quanto tale ma che contiene segnali interessanti nella prospettiva che coniuga "formazione e cambiamento", necessariamente aperta alle soggettività che si esprimono nei contesti di lavoro e organizzazione.
La consapevolezza cui rimanda il titolo è del libro è qualcosa che solo in parte coincide con il tipo di cognizione intrisa di riflessione cui comunemente ci si riferisce nel linguaggio quotidiano e che può anche essere considerata come una meta di determinati interventi formativi.  Nel libro infatti - primo titolo di una collana di "psicologia e psicoterapia" della casa editrice Tecniche Nuove - la consapevolezza equivale a mindfulness, ossia a presenza mentale, attenzione, centratura sul momento presente. La mindfulness, da questo punto di vista, è una funzione che ognuno può empiricamente sperimentare concentrandosi senza mediazioni intellettuali su ciò che accade qui e ora, attraverso una delle diverse pratiche correntemente poste sotto l'etichetta di "meditazione". Pratiche che ineriscono a qualcosa di molto semplice, prossimo al grado zero dell'esperienza umana, ma anche di estremamente rilevante per mettere in luce le modalità di funzionamento della mente e per offrire al meditante occasioni di auto-comprensione e di sviluppo individuale e relazionale.
Il libro esplora un'area assai variegata, posta all'insegna della consapevolezza/mindfulness, nella quale si incontrano da un lato i praticanti di diversi tipi di meditazione nel solco di varie tradizioni buddhiste e dall'altro lato esperti e professionisti (neuro-scienziati, studiosi di processi cognitivi, psicologi, psicoterapeuti, counselor) accomunati, ancorché da punti di vista eterogenei, dall'interesse per i processi della mente e per nuove forme di intervento.  In questa prospettiva la "cura della consapevolezza" assume un duplice senso. Il primo rimanda al "prendersi cura" di sé e degli altri come risultato di pratiche della consapevolezza a base meditativa, condotte su base individuale o di piccolo gruppo. Il secondo riguarda invece terapie e forme di sostegno mindfulness-based che diverse categorie di professionisti possono offrire ai loro clienti.
Tale duplicità non implica peraltro una netta demarcazione tra i due livelli, data l'intensità degli interscambi tra pratiche meditative (anche con il coinvolgimento diretto di scienziati e clinici), progetti di ricerca scientifica e pratiche di psicoterapia e counseling. Nel suo insieme,  il libro - composto da una lunga introduzione del curatore e da altri nove capitoli scritti da studiosi e professionisti di diversa estrazione - offre uno spaccato significativo di questa brulicante realtà.
Il capitolo introduttivo delinea una topografia sufficientemente estesa dei diversi approcci in questo campo, a partire dal lontano 1987 con l'iniziativa Mind and Life, promossa dal Dalai Lama e animata da neuro-scienziati e altri studiosi e professionisti operanti nella ricerca e nella clinica. In questa topografia uno spazio importante è occupato dal modello terapeutico del mindfulness-based stress reduction (MBSR, messo a punto da Jon Kabat-Zinn, medico e biologo molecolare, docente del MIT), ormai standardizzate all'interno di protocolli scientificamente validati e impiegate anche per il trattamento del dolore in pazienti affetti da pesanti patologie fisiche. Terapie di che spingono il paziente alla concentrazione sul momento presente e al ripercorrimento dei propri stati fisici e mentali in una chiave di "attenzione non giudicante" al lavorio della mente.
Un altro spazio importante è anche occupato dagli approcci psicoterapeutici a sfondo cognitivista che tendono a stimolare il paziente verso una consapevolezza compassionevole dei propri stati mentali (a differenza degli approcci psicodinamici che privilegiano la ricerca diacronica delle cause della sofferenza) e alla de-automatizzazione delle routine mentali e comportamentali.  Altrettanto rilevante è lo spazio delle forme di terapia e supporto personale che recuperano gli schemi concettuali del counseling rogersiano, in particolare quello che (secondo l'impostazione dello psicoterapeuta britannico David Brazier) si apre all'altro (other-centered approach) per superare le strettoie del sé autocentrato e mettere in  pratica il fondamentale insegnamento buddhista del "non-sé".
Tra le nuove prospettive messe in circolazione dai neuro-scienziati vengono soprattutto descritte quelle che - come è il caso dell'approccio mindsight, sviluppato da Ronald Siegel, psichiatra e professore alla Harvard Business School - si imperniano sulla "plasticità" del sistema neuronale e sui meccanismi di interdipendenza tra mente e cervello. In queste prospettive la mente appare come un processo di regolazione dei flussi di energia e informazione, di natura non intrapsichica ma aperto rispetto alle interazioni a livello fisico (corpo/cervello/mente) e relazionale (mente/altro). La mindfulness è quindi l'equivalente di una "mindful awareness, che spinge a far entrare il flusso di energia e informazione nell'attenzione cosciente, a comprenderne i contenuti e a regolarlo in modo nuovo".
Questo tipo di tematiche, ed altre connesse, sono sviluppate dai diversi capitoli del libro: sette di tali capitoli sono riscritture di contributi portati dagli autori a diverse edizioni del convegno annualmente organizzato dall'associazione Mindfulness Project presso l'istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia (Pisa); due sono interviste concesse da relatori al convegno stesso.
Sul versante più prettamente buddhista, una serie di puntualizzazioni importanti sulla natura della mindfulness sono offerte da Alan Wallace, filosofo della scienza e direttore del Santa Barbara Institute for Consciousness Studies. Wallace esplora diverse posizioni presenti nel buddhismo per criticare l'idea di mindfulness come “nuda attenzione" (alla dell' approccio MBSR) e per rivendicare un più ampio fondamento, anche etico, della mindfulness stessa.  Giangiorgio Pasqualotto - il più accreditato filosofo italiano in questo campo - approfondisce invece una serie di aspetti della questione della mente tratti dalle scritture buddhiste antiche. La concezione del buddhismo come “religione della mente” risulta in realtà, secondo Pasqualotto, piuttosto infondata posto che ogni idea di mente deve fare i conti con la pratica del non-attaccamento e contrasta con la natura impermanente e priva di sé di ogni entità, compresa la mente stessa.
Sul versante del dialogo con la scienza, Gioacchino Pagliaro - psicologo in una ASL bolognese, da anni impegnato nell'uso della meditazione a fini terapeutici -  si sofferma sulle nuove epistemologie cui si ispirano modelli avanzati di medicina - come la PNEI (psico-neuro-endocrino-immunologia) - i quali assumono come metafora di riferimento i paradigmi della fisica moderna (quantistica, indeterministica, orientata alla complessità) in luogo di quelli tipici della fisica tradizionale (causalista, determinista, riduzionista). Il contributo rimanda l’immagine della mente come entità non separabile da altre entità fondamentali, come  la materia e il soma. Entità che non possono essere in nessun modo intese in opposizione alla mente ma che intrattengono una dialettica costante con la mente stessa, dando luogo a implicazioni in gran parte ancora da scoprire e rispetto alle quali si aprono nuovi percorsi di indagine e intervento.
Nel libro, come si accennava in apertura, non mancano aspetti che possono essere ripresi nel dibattito sulla formazione per il cambiamento. L'idea della “cura” può essere infatti assunta in senso più ampio di quello tipicamente terapeutico, come insieme di azioni che hanno importanti ricadute in termini di “educazione”, di “sviluppo personale”, di “trasformazione”.  Vengono infatti richiamate le valenze non solo terapeutiche ma "educative" di programmi e approcci come MBSR e mindsight.  Quest'ultimo, ad esempio, si basa sull’idea che la consapevolezza può essere appresa attraverso la combinazione di tre fattori interagenti: la ricettività (ricerca di un equilibrio dinamico interiore aperto a ciò che accade nel sistema mente-corpo), l’auto-osservazione (basata sulla funzione del discernimento che consente di valutare comportamenti e reazioni) e la riflessività (la consapevolezza della consapevolezza).  In modo ancora più esteso il libro ripercorre il programma Cultivating Emotional Balance (CEB, sviluppato da Alan Wallace insieme con lo psicologo e antropologo Paul Ekman) come esempio di eccellenza di un nascente spazio educativo legato a una nozione estensiva di mindfulness. Il programma viene implementato attraverso momenti di meditazione, di lecturing e di esercitazione in piccoli gruppi per il riconoscimento delle emozioni, a livello personale e interpersonale. L'obiettivo è quello del raggiungimento (attraverso l'interiorizzazione di quanto appreso e poi con l'esercizio continuo e persistente nel tempo) di una posizione personale ispirata al concetto filosofico di eudaimonia: una "felicità autentica", derivante da una vita ricca di senso e inserita in un percorso di maturazione anche etica e spirituale.
Queste valenze "educative" della mindfulness non ne esauriscono peraltro il campo di applicazione anche in una dimensione più propriamente formativa.  In un recente articolo sulla rivista FOR (92, 2012, "Il mindfulness training per lo sviluppo personale e professionale nella vita di lavoro") il curatore del volume qui segnalato richiama la diffusione di pratiche di mindfulness come fenomeno in continua ascesa nel mondo delle corporations.  Esistono ormai numerosi esempi di corsi e programmi in cui la mindfulness viene chiamata in causa per fornire opportunità di auto-sviluppo a manager e professionisti molto impegnati e esposti a rischi di stress. L'orizzonte è quello di "strategie per superare la distrazione, riguadagnare capacità di focus e lavorare tutto il giorno in modo più brillante", secondo la formula dell'ex neuro-scienziato e attualmente consulente aziendale David Rock (citato nell'articolo di cui sopra.) Con questo tipo di approcci dovrà comunque fare i conti chi si occupa di mindfulness e si pone il problema di possibili impieghi formativi, considerandone anche rischi di manipolazione e auto-sfruttamento. La cura della consapevolezza non prende in considerazione questo tipo di sviluppi, se non di sfuggita. I diversi approcci presentati nel libro sembrano comunque accomunati da una prospettiva che di per sé esclude la possibilità di usi duramente manageriali della mindfulness.  Le pratiche mindfulness-based  sembrano infatti avere senso solo in una logica di accettazione integrale delle realtà umane cui esse si rivolgono. Piegarle a fini esclusivi di produttività e successo sarebbe probabilmente un tentativo non solo eticamente discutibile ma anche intrinsecamente destinato al fallimento. La meta fondamentale di tali pratiche non è infatti quella dell'affermazione del sé ma al contrario della ricerca di percorsi di insight e liberazione basati sul riconoscimento delle cause e condizioni delle dinamiche della mente nei loro aspetti individuali e relazionali.
Non è escluso peraltro che alcune iniziative di formazione possano offrire un contenitore coerente con questa impostazione. L'ipotesi di lavoro dovrebbe fondarsi sul riconoscimento di una dimensione ulteriore rispetto a quella "riflessiva", alla base, ad esempio, del miglioramento del benessere organizzativo o dello sviluppo delle competenze sociali e emozionali - per citare solo due aree di formazione che attraggono un certo interesse in diversi ambienti e che presentano una qualche coerenza con il discorso della mindfulness. L'esplorazione di questa dimensione ulteriore, "più-che-riflessiva", potrebbe essere offerta ai partecipanti di iniziative formative già compiutamente definite nei loro obiettivi e modalità, come occasione di crescita personale senza altre condizioni che la libera scelta da parte dei soggetti coinvolti e senza altri riscontri che la loro soddisfazione rispetto a specifici interessi e aspirazioni.
La cura della consapevolezza, come già affermato, non prende in alcun modo in considerazione questo tipo di ipotesi, ma è molto probabile che da queste si debba partire per una discussione che voglia sviluppare il discorso proposto da questo libro in una prospettiva di "formazione e cambiamento".

[1] Esperta di formazione e danzaterapeuta.

 

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Giovedì, 13 Luglio, 2017 - 12:28