di Cecilia Vedana
La proposta della Commissione europea del 2016 a tutela del copyright sul web, dopo l’ampio iter previsto, è stata votata solo a fine marzo di quest’anno dal Parlamento europeo di Strasburgo. Il voto è stato contrastato e spesso caratterizzato da posizioni avverse di alcuni Paesi membri, tra i quali il nostro. Con solo 5 voti di scarto la direttiva sul diritto d'autore nel mercato unico digitale è passata. E’ un provvedimento che rappresenta un punto di vista comune da cui partire per regolamentare in ogni paese dell’Ue la normativa su questo tema.
Retorico, ma necessario, ricordare come il mondo del web e del digitale si evolve a vista d’occhio e come anche questa direttiva sia stata e sarà oggetto di aggiornamenti e rivisitazioni. Certo è che il web è prateria in cui la creatività di ogni genere fiorisce, o divampa, e questo dipende dal punto di osservazione di chi gode realmente di tale produzione intellettuale. I piccoli editori, i giornalisti e le associazioni di categoria esultano, perché vedono in questa direttiva la possibilità di vedere finalmente tutelato il proprio lavoro e la possibilità che la creatività di fatto trovi un mercato in cui i diritti di chi produce nuovi contenuti vengano maggiormente tutelati. C’è la preoccupazione che i tempi per il recepimento della direttiva da parte dei Paesi membri siano troppo lunghi. Due anni, nell’era del digitale e del web, sono un’eternità. Lo stesso Carlo Perrone, presidente degli editori europei (ENPA) si è augurato, all’indomani del voto, che “si possa aprire sin da subito un tavolo con gli aggregatori di notizie senza aspettare le leggi nazionali”.
C’è chi teme invece che tale provvedimento del Parlamento europeo si traduca in una sorta di imbavagliamento, anche intellettuale, della rete dove i giganti del web, come ad esempio google e facebook, si troveranno di fatto a non potere utilizzare e diffondere i suoi contenuti. Accadrà che saranno pubblicati solo quelli corredati da copyright ed il resto verrà automaticamente rigettato (così come già fa Youtube). Chi teme il rischio per la libera diffusione delle informazioni online, indica come troppo generici gli articoli 11 e 13. L’articolo 11 si riferisce alla protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale. L’articolo è a favore degli editori e dichiara che ogni stato membro deve assicurarsi che ricevano un compenso equo e consono all’uso dei loro materiali da parte delle aziende di Internet. Secondo i successivi emendamenti questo riguarda le grandi piattaforme e non i privati e l’uso non commerciale. Sono esclusi quindi i servizi di cloud e i portali di commercio elettronico.
L’articolo 13 si riferisce invece all’utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e di altri materiali caricati dagli utenti. Chiede alle piattaforme online di esercitare un controllo su tutto quello che viene caricato dai loro utenti in modo tale che si possano escludere quelli protetti dal diritto d’autore e verso i quali, gli utenti appunto, non detengono i diritti.
Le grandi piattaforme sono quindi chiamate ad operare in modo nuovo, senza percepirsi più come meri veicoli della produzione intellettuale, ma riconoscendo la proprietà e il valore intellettuale di chi crea i contenuti.
E’una vittoria di Davide contro Golia, oppure un primo essenziale step di reciproco riconoscimento di chi crea da una parte e di chi veicola e diffonde, arricchendosi a dismisura, dall’altra? E’ certamente un punto di partenza essenziale che disegna anche una nuova sensibilità e una nuova percezione etica del web dove chi è più grande, e spesso lo è diventato con il lavoro di tanti, deve scendere a patti e trovare nuovi percorsi e nuove intese con chi crea contenuti originali.
Una rivoluzione che ha in sé il rischio di una grande contraddizione in termini: chi tutelerà la creazione e la ribalta di parodie, di sketch su opere con copyright, magari realizzate da giovani creativi, che rischiano di non vedere mai la luce del web?