di Adriano Frinchi
Per eliminare ogni forma di violenza e sopraffazione nelle relazioni di genere punire non basta. La stessa Convenzione di Istanbul, lo strumento internazionale giuridicamente vincolante per gli Stati, parla apertamente di 3 P nella strategia contro la violenza di genere: oltre alla punizione sono fondamentali protezione e prevenzione.
Nel campo della prevenzione alla violenza di genere diventa fondamentale l’intervento sui soggetti maltrattanti, sugli uomini che agiscono con violenza. Non si tratta assolutamente di prospettare una riduzione delle pene o di attenuare la disapprovazione sociale per la violenza di genere ma di comprendere che la repressione nella gestione di questo tipo di problema non è sufficiente e che è necessario costruire un intervento sugli autori delle violenze andando a sviscerare l’origine di questi comportamenti violenti.
Il fenomeno dei maltrattanti in Italla
In Italia non si parte da zero anche se manca ancora un’anagrafe completa e sistematica dei servizi che operano con i soggetti maltrattanti. Secondo tutti i dati comunque i numeri dei centri, spazi e servizi per uomini maltrattanti sono in crescita: 18 nel 2012, 29 nel 2014 e ancora 44 nel 2016.
Si registra una presenza di spazi e centri per gli uomini maltrattanti soprattutto nel Nord Italia. I soggetti promotori sono, in 26 casi su 44, enti privati, ma la tendenza è un aumento delle iniziative di enti pubblici (soprattutto Asl). L’ultima analisi del 2017 condotta dall’IRPPS- CNR conta 59 programmi per uomini maltrattanti sul territorio nazionale, con un primato in Lombardia e una concentrazione elevata nelle regioni del nord del Paese. Secondo l’indagine nel corso del 2017 gli uomini che hanno iniziato il loro percorso sono in totale 726.
Dati sui maltrattanti, il 76% è occupato di genere maschile
Analizzando questi soggetti emerge che il 76% sono occupati stabilmente, il 72% sono padri di figli minorenni e il 56% sono uomini coniugati o conviventi. Con riferimento ad altre caratteristiche, si evidenzia che il 39% è costituito da detenuti e il 29% da stranieri, mentre solo una minore percentuale si caratterizza per il fatto di essere stati seguiti dai servizi di salute mentale (7%) o per avere una qualche dipendenza di tipo patologico (13%).
La maggior parte dei programmi che ha fornito un dettaglio sul servizio offerto (56 su 59), ha affermato di fornire a titolo gratuito un orientamento ai servizi presenti sul territorio (41), ma anche una consulenza di tipo psicologico (39) e l’ascolto telefonico (38). Emergono inoltre la psicoterapia individuale e di gruppo e il sostegno alla responsabilità genitoriale (rispettivamente 30 e 29 programmi di trattamento affermano di erogare questi servizi gratuitamente). La consulenza legale sia in ambito civile che penale viene erogata in 6 centri, mentre altri 3 centri prevedono gratuitamente un accompagnamento all’inserimento lavorativo, la mediazione linguistico-culturale e i percorsi di recupero da dipendenze patologiche. Si deve infine sottolineare che alcuni programmi forniscono una consulenza psicologica o un percorso psicologico più strutturato a pagamento (rispettivamente 6 e 7 programmi).
I programmi sono in buona parte integrati all’interno delle Reti Territoriali Antiviolenza: tra i 56 che hanno fornito questa informazione, 26 affermano di far parte di una rete e ulteriori 8 possono vantare l’appartenenza a più reti presenti sul territorio. D’altro canto, sono 17 quelli che affermano di non essere integrati in una rete con i servizi specializzati e i servizi generali che operano a sostegno delle donne vittime di violenza, mentre altri 5 giustificano la loro mancata adesione, affermando che nel proprio territorio non esistono Reti Antiviolenza.
Con riferimento al personale, 20 programmi prevedono una formazione obbligatoria all’ingresso, 37 degli aggiornamenti periodici e, infine, 6 programmi non obbligano il proprio personale a partecipare a dei corsi di formazione. Tra le strutture che hanno risposto all’indagine, si contano 339 unità di personale retribuito, il 36% volontario.
Nel Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020 è prevista l'attivazione di percorsi di rieducazione degli uomini autori di violenza contro le donne. Infatti, il Dipartimento per le Pari Opportunità, come raccomandato nell'art. 16 della Convenzione di Istanbul, riserverà specifiche risorse per il sostegno di programmi di prevenzione, recupero e trattamento per uomini maltrattanti per prevenire la recidiva e per favorire l'adozione di comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali. Sarà resa disponibile anche la mappatura dei centri per uomini maltrattanti.
In questo ambito di impegno il Ministero della Giustizia porrà attenzione alla formazione sui diversi modelli di trattamento intramurale, sui protocolli e le buone pratiche per ridurre la recidiva anche attraverso il coinvolgimento dei soggetti esterni all'Amministrazione e il consolidamento e lo sviluppo di collegamenti e sinergie col territorio.
La Regione Siciliana recependo le istanze del piano nazionale e gli orientamenti più attuali sul tema ha previsto nel proprio piano antiviolenza la strutturazione di un percorso innovativo sperimentale per i soggetti maltrattanti. L’obiettivo di tale azione è supportare un processo di consapevolezza dei soggetti stessi nell’ottica del recupero dell’individuo e di ridurre e prevenire le recidive. Il percorso sarà realizzato coinvolgendo i centri di intervento per gli uomini violenti e la rete di intervento a favore delle donne e prevedendo una verifica dei risultati dell’azione.